Quoziente familiare? Lo Spi dice: no, grazie
Perché è il modello fiscale dell’ingiustizia: premia le famiglie ricche e danneggia quelle con redditi bassi e medi.
Perché è un meccanismo che scoraggia fortemente il lavoro delle donne
In questi giorni il Governo torna a proporre il quoziente familiare, nell’ambito di una annunciata riforma fiscale, con la falsa affermazione che si tratta di una agevolazione per tutte le famiglie. Ma la realtà è ben diversa, perchè il quoziente premia la famiglia con un reddito molto elevato in cui il marito guadagna molto più della moglie; il guadagno è massimo se la moglie non lavora. Ci perde invece una famiglia con reddito basso in cui la moglie lavora e ha un reddito vicino a quello del marito.
Facciamo due esempi di famiglie monoreddito con due figli:
– con 15.000 euro annuali di reddito perdono 2.072 euro, ovvero quasi 200 euro al mese
– con 100.000 euro annuali di reddito guadagnano 9.064 euro.
Per capire come funziona davvero il quoziente familiare ricordiamo che si ottiene con la somma di tutti i redditi della famiglia, dividendo poi il risultato per il numero dei suoi componenti, secondo determinati coefficienti. In compenso però vengono soppresse le detrazioni fiscali oggi previste per le famiglie.
Ecco perché lo Spi, che rappresenta milioni di pensionati con redditi bassi e medi, che subirebbero perdite consistenti da questa operazione, è decisamente contrario all’introduzione del quoziente. Esistono anche strumenti tradizionali, come le detrazioni e gli assegni al nucleo familiare, che producono effetti molto più equi per le famiglie, specie quelle con redditi bassi o medi che verrebbero appunto penalizzate dalla introduzione del quoziente.
Lascia un Commento