Il dibattito sulle pensioni prosegue
Cgil, Cisl e Uil presentano al Governo la loro proposta unitaria per il dopo Quota 100.
L’obiettivo è creare una flessibilità per l’accesso alla pensione che consenta un equilibrio dei costi della previdenza, che ricomincerà a correre per andare a raggiungere, tra 10 anni, un picco di spesa intorno al 17,4% del Pil.
Nel 2020 la spesa per le pensioni si aggira intorno ai 28 miliardi di euro, crescerà del 2,3-2,5% ogni anno, quindi la trattativa con il Governo dovrà obbligatoriamente essere condizionata da questi dati.
Allo stesso tempo la trattativa deve garantire pensioni adeguate proporzionate alla contribuzione versata, per evitare il ricorso al lavoro nero e all’evasione contributiva.
La riforma Fornero, con i suoi limiti e le sue storture, doveva garantire un impatto strutturale sul sistema pensionistico italiano e assicurare a lungo termine stabilità e sostenibilità; ma nel tentativo di correggere limiti e storture si sono creati errori ulteriori che necessitano di interventi di riequilibrio.
La sperimentazione di Quota 100, Reddito e Pensione di Cittadinanza rischiano, se non corretti, di determinare il collasso del sistema.
Le due prestazioni, stabilite in fretta e furia, non spinte da giustizia sociale ma da meri calcoli politici elettorali, hanno creato ingiustizie evidenti: lavoratori con 42 anni di contributi e 61 di età non avevano diritto a pensione; per contro, con 38 di contributi e 62 di età, invece, sì.
Altra ingiustizia si creava in alcuni casi con la Pensione di Cittadinanza, che equipara pensioni con 15 anni di contribuzione a pensioni con 20-25 di contribuzione; storture che, sommate al blocco della perequazione automatica, ha svalutato in maniera evidente il valore dei versamenti contributivi nel rapporto con l’importo della pensione.
La proposta delle tre sigle sindacali rimane sempre una proposta organica del sistema previdenziale, nel tentativo di superare anche una considerazione distorta, che vede il nostro sistema previdenziale solo come un costo, mentre deve essere considerato sotto il profilo della sostenibilità sociale del nostro Paese.
La piattaforma presentata al governo dai sindacati prevede:
- flessibilità in uscita;
- età pensionabile a 62 anni per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, oppure 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica;
- sostegno alle categorie deboli con particolare attenzione per quelle che rientrano nell’A.PE. sociale (disoccupati, invalidi, chi assiste una persona con disabilità, chi ha svolto lavori usuranti o gravosi).
Al governo, Cgil, Cisl e Uil chiedono la riattivazione della commissione di analisi delle gravosità dei lavori e la valutazione delle fragilità che potrebbero determinarsi sia a seguito della pandemia che a seguito di eventi impropri, come i disoccupati di lunga durata, gli esodati o i lavoratori con riconoscimenti Inail e, più in particolare, coloro che sono affetti da malattie professionali.
Rimanendo comunque profonde differenze di genere, si propone di prorogare l’Opzione Donna e la valutazione contributiva del “lavoro di cura” attraverso coefficienti di valore della pensione o con anticipazioni dell’uscita per pensionamento.
La tutela dei giovani, del lavoro povero e discontinuo e la pensione di garanzia
Il mondo del lavoro ha subìto profonde trasformazioni che incidono particolarmente anche sugli aspetti previdenziali; è necessario quindi entrare nel merito delle vecchie norme e adeguarle alle nuove realtà. Lavori discontinui, part-time a bassa remunerazione, lavori stagionali, che coinvolgono particolarmente i giovani e le donne, richiedono un intervento sugli aspetti previdenziali che attenuino gli effetti negativi che produrrebbero sulle pensioni.
La richiesta di una pensione di garanzia, di una integrazione contributiva, rapportata sempre agli anni e ai contributi effettivamente versati, che valorizzi i versamenti dei contributi e non “a tutti e comunque”, che recuperi periodi di disoccupazione e formazione al fine di stimolare l’interesse dei soggetti coinvolti, diventa una necessità ovvia, da garantire anche attraverso la fiscalità generale.
Un altro obiettivo della piattaforma sindacale riguarda il secondo pilastro del nostro sistema previdenziale. Nonostante vari interventi, non sembra susciti interesse nel mondo del lavoro; la previdenza complementare è sempre più sconosciuta e ha necessità di essere riproposta e rilanciata. Proporre un nuovo periodo di silenzio-assenso e una adeguata e trasparente campagna promozionale in tutti i settori di attività diventa opportuno, così come può essere necessario anche riportare la tassazione alle precedenti percentuali più favorevoli.
Il sistema ha bisogno di più componenti per essere adeguato. L’adeguatezza e la sostenibilità ha certamente bisogno di un’economia positiva, ma ha anche la necessità di essere un sistema che ripaga, il che significa che a versamenti contributivi adeguati corrisponda una pensione adeguata, anche nel tempo. I contribuenti devono avere questa garanzia, pertanto le pensioni in essere devono avere la giusta rivalutazione e la giusta tassazione. In Italia i redditi da pensione sono tassati il doppio rispetto agli altri Paesi e negli ultimi anni (da dieci anni, ormai) le pensioni in essere non sono state adeguate al costo della vita. Questa situazione può creare certamente atteggiamenti di disinteresse verso il sistema previdenziale con conseguenze catastrofiche per la sicurezza e protezione sociale.
La trattativa è in corso, il Sindacato è pronto al confronto serio, senza eccessi, ma anche pronto a difendere le proprie posizioni nell’interesse di un equilibrio che non veda penalizzata sempre l’adeguatezza delle prestazioni.
Spi Cgil Vercelli Valsesia
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