Mahsa Amini, a Teheran, il 13 settembre 2022 viene fermata dalla polizia morale dalla Gasht-e Ershad (letteralmente pattuglia della guida),
unità speciale che fa rispettare, fra l’altro, il codice di
abbigliamento, davanti alla fermata della metro. Non aveva indossato
bene il velo. Mahsa passa da un centro di detenzione all’ospedale in cui
muore. Trauma cranico e botte; gli agenti della polizia morale dicono
che abbia avuto un problema cardiaco.
Il giorno dopo l’annuncio della morte esplodono le proteste nelle
città di tutto il Paese, l’insurrezione viene definita rivoluzione delle
donne; ad essa si uniscono uomini di ogni età, classe sociale ed etnia.
Donna, vita, libertà (Zan, Zendegi, Azadi).
Giovani donne bruciano i foulard, alcune si tagliano i capelli in
segno di lutto e solidarietà per Mahsa; altre camminano
provocatoriamente in pubblico senza velo.
Le proteste sono indirizzate contro le restrizioni della Repubblica
Islamica e hanno radici lontane. Partono dal momento in cui le donne a
Teheran organizzano la prima protesta l’8 marzo 1979, dopo che
l’ayatollah Khomeini aveva imposto l’uso del velo.
Parmis Hamnava, 14 anni, non muore subito ma più tardi in ospedale.
Gli agenti la colpiscono, la picchiano davanti ai suoi compagni. Erano
entrati all’interno della scuola ed avevano perquisito i libri
scolastici. Dentro ad un suo libro una fotografia strappata di Khomeini.
“Nessuno e niente vincerà mai una giovane donna che legge libri e poesie e ascolta musica, bevendo un caffè”.
Queste giovani donne cui un proiettile di gomma, ben indirizzato, ha
tolto un occhio, hanno messo un fiore rosso al posto dell’occhio che non
c’è più.
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Astiyazh
Haghighi e Amir Mohammad Ahmadi, 20 anni, si amano, ballano davanti
alla Torre Azadi, a Teheran. Condannati a oltre dieci anni di prigionia
per aver diffuso il video.
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“Il ballo è gioia. È vita. È espressione. Per questa al regime fa paura”, da Labodif.
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La climber iraniana Elnaz Rekabi non indossa il velo, obbligatorio
per le atlete della Repubblica Islamica iraniana, alla gara di
arrampicata ai Campionati asiatici in Corea del Sud. Lei scompare, al
ritorno, per un poco, poi la sua casa viene distrutta.
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Hadis Najafi, 20 anni. Uccisa mentre manifestava a Karaj, uccisa con
sei colpi d’arma da fuoco alla testa, al collo, al torace e all’addome.
L’ ultimo video la ritrae mentre si raccoglie i capelli biondi in una coda prima di unirsi alle manifestazioni.
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Ghazal Ranjkesh, studentessa di Giurisprudenza di Bandar Abbas, un agente le spara un proiettile in faccia.
“Sono sopravvissuta e devo vivere; perché ho una storia che non è
ancora finita. Perché non ho ancora visto il giorno che ‘devo’ vedere”.
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Per
arrivare ad oggi. Gli iraniani dentro e fuori l’Iran adesso vogliono la
caduta di molte istituzioni che costituiscono il nizam-e eslami, o
sistema teocratico, e il velayat-e faqih, o governo di un capo religioso
supremo e, tra le altre cose, la gasht-e ershad nota in Occidente come
polizia morale. Vogliono una nuova Costituzione. Gli iraniani chiedono
un Paese libero dal dogmatismo religioso e politico, i giovani vogliono
costruirsi un futuro da uomini liberi, la maggior parte dei manifestanti
ha un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Le donne vogliono conquistare
un legittimo ruolo di centralità. Non è una lotta per le donne ma una
lotta, per la società nella loro società, di tutti gli iraniani che
condividono la stessa causa. I diritti di tutti. Passano da un velo, un
ballo, un bacio in pubblico, in ciò sta il significato storico e globale
di questa lotta.
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“Che immenso coraggio queste/i giovani. Imparare da loro.
E, per noi donne, non dimenticare mai di far splendere la nostra
differenza. Proprio quella che fa tanta paura al regime”, da Labodif.
Il Coordinamento Donne SPI CGIL Vercelli Valsesia
8 marzo 2023
disegni di Imma Fazzone (clicca sulla immagine per ingrandirla)