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8 marzo 2023
Mahsa Amini, a Teheran, il 13 settembre 2022 viene fermata dalla polizia morale dalla Gasht-e Ershad (letteralmente pattuglia della guida), unità speciale che fa rispettare, fra l’altro, il codice di abbigliamento, davanti alla fermata della metro. Non aveva indossato bene il velo. Mahsa passa da un centro di detenzione all’ospedale in cui muore. Trauma cranico e botte; gli agenti della polizia morale dicono che abbia avuto un problema cardiaco.
Il giorno dopo l’annuncio della morte esplodono le proteste nelle città di tutto il Paese, l’insurrezione viene definita rivoluzione delle donne; ad essa si uniscono uomini di ogni età, classe sociale ed etnia. Donna, vita, libertà (Zan, Zendegi, Azadi).
Giovani donne bruciano i foulard, alcune si tagliano i capelli in segno di lutto e solidarietà per Mahsa; altre camminano provocatoriamente in pubblico senza velo.
Le proteste sono indirizzate contro le restrizioni della Repubblica Islamica e hanno radici lontane. Partono dal momento in cui le donne a Teheran organizzano la prima protesta l’8 marzo 1979, dopo che l’ayatollah Khomeini aveva imposto l’uso del velo.
Parmis Hamnava, 14 anni, non muore subito ma più tardi in ospedale. Gli agenti la colpiscono, la picchiano davanti ai suoi compagni. Erano entrati all’interno della scuola ed avevano perquisito i libri scolastici. Dentro ad un suo libro una fotografia strappata di Khomeini.
“Nessuno e niente vincerà mai una giovane donna che legge libri e poesie e ascolta musica, bevendo un caffè”.
Queste giovani donne cui un proiettile di gomma, ben indirizzato, ha tolto un occhio, hanno messo un fiore rosso al posto dell’occhio che non c’è più.
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Astiyazh Haghighi e Amir Mohammad Ahmadi, 20 anni, si amano, ballano davanti alla Torre Azadi, a Teheran. Condannati a oltre dieci anni di prigionia per aver diffuso il video.
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“Il ballo è gioia. È vita. È espressione. Per questa al regime fa paura”, da Labodif.
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La climber iraniana Elnaz Rekabi non indossa il velo, obbligatorio per le atlete della Repubblica Islamica iraniana, alla gara di arrampicata ai Campionati asiatici in Corea del Sud. Lei scompare, al ritorno, per un poco, poi la sua casa viene distrutta.
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Hadis Najafi, 20 anni. Uccisa mentre manifestava a Karaj, uccisa con sei colpi d’arma da fuoco alla testa, al collo, al torace e all’addome.
L’ ultimo video la ritrae mentre si raccoglie i capelli biondi in una coda prima di unirsi alle manifestazioni.
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Ghazal Ranjkesh, studentessa di Giurisprudenza di Bandar Abbas, un agente le spara un proiettile in faccia.
“Sono sopravvissuta e devo vivere; perché ho una storia che non è ancora finita. Perché non ho ancora visto il giorno che ‘devo’ vedere”.
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Per arrivare ad oggi. Gli iraniani dentro e fuori l’Iran adesso vogliono la caduta di molte istituzioni che costituiscono il nizam-e eslami, o sistema teocratico, e il velayat-e faqih, o governo di un capo religioso supremo e, tra le altre cose, la gasht-e ershad nota in Occidente come polizia morale. Vogliono una nuova Costituzione. Gli iraniani chiedono un Paese libero dal dogmatismo religioso e politico, i giovani vogliono costruirsi un futuro da uomini liberi, la maggior parte dei manifestanti ha un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Le donne vogliono conquistare un legittimo ruolo di centralità. Non è una lotta per le donne ma una lotta, per la società nella loro società, di tutti gli iraniani che condividono la stessa causa. I diritti di tutti. Passano da un velo, un ballo, un bacio in pubblico, in ciò sta il significato storico e globale di questa lotta.
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“Che immenso coraggio queste/i giovani. Imparare da loro.
E, per noi donne, non dimenticare mai di far splendere la nostra
differenza. Proprio quella che fa tanta paura al regime”, da Labodif.
Il Coordinamento Donne SPI CGIL Vercelli Valsesia
8 marzo 2023
disegni di Imma Fazzone (clicca sulla immagine per ingrandirla)
Pensioni: tavolo deludente, nessuna risposta
Roma, 13 febbraio – “Un confronto deludente: non abbiamo ricevuto alcuna risposta”. Così il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, in merito al primo tavolo tecnico che si è svolto questa mattina tra Governo e sindacati sulle pensioni, in particolare sulla condizione previdenziale di giovani e donne.
“Per prima cosa
abbiamo chiesto – ha spiegato Christian Ferrari, segretario confederale
Cgil – un riscontro in merito al ripristino dei requisiti di Opzione
donna in vigore fino allo scorso dicembre. Su questo punto, nell’ultimo
incontro di gennaio, la Ministra del Lavoro si era impegnata a portare
una proposta di provvedimento in quella stessa giornata in Consiglio dei
Ministri. Non è successo nulla e oggi c’è stata la semplice
riproposizione di una generica volontà di affrontare la questione.
Per Ferrari “Opzione donna è una misura parziale e particolarmente
penalizzante, ma un intervento correttivo, oltre a dare una risposta
alle oltre 20mila lavoratrici che mediamente ne fanno richiesta, avrebbe
rappresentato un primo, timido passo per dare credibilità al confronto
complessivo sulla previdenza. Se neppure su questo punto ci sono
progressi, c’è davvero da dubitare sulla reale intenzione dell’Esecutivo
di puntare a obiettivi di riforma più ambiziosi e sostanziali per tutte
le lavoratrici come quelli proposti unitariamente da Cgil, Cisl, Uil”.
“Come è noto – ha sottolineato il dirigente sindacale – le donne sono state le più colpite dalla riforma Fornero, che di fatto ne ha allungato l’età pensionabile: sette anni per chi aveva iniziato a lavorare prima del 1995 e molti di più per chi è nel regime contributivo, visto che non riuscirà mai a raggiungere gli importi soglia per uscire prima dei 73 anni. Per noi è necessario creare le condizioni per un’uscita flessibile a partire da 62 anni e, per le donne che svolgono un lavoro di cura in ambito familiare, va garantito un ulteriore riconoscimento previdenziale”.
Sul versante giovani, secondo Ferrari “si deve puntare innanzitutto ad allargare la base contributiva attraverso politiche finalizzate alla creazione di nuova occupazione, al contrasto della precarietà e all’aumento dei salari. La strada esattamente opposta a quella intrapresa nell’ultima legge di bilancio, con l’allargamento dei voucher, o all’ipotesi di un’ulteriore deregulation dei contratti a termine”. “È poi necessaria – ha proseguito il segretario confederale – l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia inserendo elementi di solidarietà all’interno del sistema e agendo attraverso il mix tra anzianità ed età di uscita. Il che vuol dire che più crescono contribuzione ed età anagrafica più aumenta l’assegno di garanzia, valorizzando tutti i periodi degni di tutela come la disoccupazione, la formazione, le politiche attive, stage, tirocini ecc.”. “Rafforzare il patto intergenerazionale è fondamentale in un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro, dove i contributi dei lavoratori attivi servono a pagare gli assegni di chi si trova già in pensione. Se non si daranno certezze ai giovani sulla loro pensione futura, incentivandoli a rimanere attivi nel mercato del lavoro e a versare i contributi, si rischia davvero di andare incontro ad una crisi profonda dell’attuale sistema”. “Al termine dell’incontro il Governo – riservandosi ulteriori valutazioni in merito ai diversi temi oggetto del confronto – si è impegnato a riconvocare successivamente il tavolo”, ha riferito in conclusione Christian Ferrari.
100 anni
Lo Spi Cgil Vercelli Valsesia augura un felice 100esimo compleanno alla sua iscritta Bertoia Pia, un augurio di felice e serena ricorrenza.